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Gesualdo Roberto Ottaviano Ⅴ, noto con il soprannome di Gesualdoberto, nasce il 16 dicembre 1935 da una tribù seminomade di Planet Tulipo.
Noto per aver servito l'esercito della propria patria, ha continuato il servizio militare prima come poliziotto, poi come carceriere ed oggi come ambasciatore del Pianeta nell'Associazione Intergalattica Tulipano, grazie a cui è stata possibile l'opera di conciliazione ed emigrazione della specie umana e Gesualda fra le due Galassie (Via Lattea e del Triangolo non Considerato).

Biografia

Infanzia

Gesualdo Roberto Ottaviano Ⅴ AKA Gesualdoberto nasce il 16 dicembre 1935 da una tribù itinerante di Planet Tulipo.

Suo padre, Gesualdo Roberto Ottaviano Ⅳ, è il pronipote del capostipite della sua stirpe e da lui ha ricevuto una ricca eredità: il titolo di capotribù.

La madre, Gesualda Olga ⅩⅥ, è invece una delle tante figlie (per l'appunto la numero 16) di un importante funzionario della tribù e amico di famiglia di Gesualdoberto.

L'ambiente in cui Gesualdoberto vede la luce è infatti assai organizzato, con una burocrazia ed un sistema di cerimonie e savoir-faire generale particolarmente oscurantista: non a caso, vi è una tendenza quasi tradizionale al mantener segreti, operare quasi come di nascosto e, in generale, al non parlare di ciò che accade né all'interno né tantomento all'esterno di una stretta cerchia di Gesualdi.

Questo è il motivo per cui Gesualdoberto è quasi ignorato dai genitori per una lunga serie di motivi: suo padre, in quanto capotribù, è costantemente indaffarato con l'amministrazione del Tesoro, delle milizie e della burocrazia, mentre la madre, in quanto figlia di rinomati funzionari, deve fare i conti con le responsabilità del mantenimento dell'ordine pubblico, della relazione con il marito (senza il quale verrebbe automaticamente esclusa dal titolo di alto rango che le è stato concesso) e quindi della propria reputazione alla corte.

Il piccolo Gesualdoberto è taciturno e sviluppa questa innata tendenza al silenzio e all'omertà, ma non prima di capire il perché di tutto ciò: quando chiede alla mamma come mai non le dia attenzioni, perché sia così fredda con suo padre e con suo marito e, soprattutto, perché tutti si comportino al suo stesso modo, riceve la risposta quintessenziale: "Beh, Roberto, stiamo zitti... perché siamo Gesualdi Cattivi."

Gesualdoberto, quindi, spinto a chiedersi il motivo della parola "cattivo", riceve dalla madre una spiegazione che fa riflettere: "Siamo cattivi perché sono gli altri che l'hanno deciso! Se un Gesualdo 'buono', per così dire, distruggesse una casa palazza, credi che diventerebbe cattivo? Certo che no! Perché tutti sanno che è 'buono', e, in quanto tale, non c'è nulla che possa intorbidirlo, perché quella 'bontà' di cui tutti parlano, ce l'hanno nel sangue!"

Gesualdoberto, quindi, si ritrova fin da subito in un'ambiente opprimente e, da bambino, non ha amicizie: si ritrova spesso da solo, nella facoltosa dimora della sua famiglia, ricca ma infelice.

Ciò che tiene insieme il suo nucleo familiare è la convenienza del mantenere il proprio posto di lavoro fruttuoso ed il dovere di mantenere il giro della criminalità organizzata, che Gesualdoberto scoprirà soltanto dopo in maniera personale.

Per i primi diec'anni di vita, quindi, Roberto non combina nulla, perché ha paura di agire e di contravvenire, così, al suo ruolo: sentire sempre discorsi sui litigi repressi dei genitori, delle cattive azioni dei compatrioti e sulla costante necessità di fuga dalle autorità gli fanno quasi credere che tutto ciò che fa sia passato in rassegna, e che sia sempre sotto costante giudizio.

Biografia

Preadolescenza

Gesualdoberto viene coinvolto a 11 anni in una missione particolarmente scandalosa della sua tribù: la rapina dei laboratori di Matusalemme.

La missione consisteva nel sequestrare alcuni scienziati per poter ricevere informazioni dettagliate sugli scavi condotti nei pressi dei confini del borgo cittadino con fine ultimo l'estorsione alla restituzione del materiale e delle informazioni rubate in cambio della proprietà del laboratorio stesso e delle ricerche.

Siccome però questa missione non va in porto, molti Gesualdi 'Cattivi' vengono presi in ostaggio e l'operazione si ribalta: ora sono i compatrioti di Gesualdoberto a dover pagare i danni subiti.

Siccome il padre di Gesualdoberto è troppo impegnato ad organizzare una campagna militare vendicativa e punitiva, la madre sostituisce temporaneamente il marito e prende le redini della situazione: comprendendo, infatti, di non poter procedere per vie definitive, decide allora di stare al gioco dei nemici giurati e, tradendo irreversibilmente la fiducia del figlio, lo usa come vittima sacrificale e lo dà in pasto agli sbirri come prigioniero di guerra con cui sostituire i soldati al suo servizio.

Lo scambio però è molto travagliato e Gesualdoberto non capisce: inizia a chiedersi perché i Gesualdi buoni vogliano proprio lui, che è piccolo, perché sebbene siano buoni come parlano vogliano proprio macchiarsi della colpa di fare del male ad un bambino e, più di tutti, perché, fra tutti, proprio lui. La madre non lo guarda nemmeno in faccia, aprendo un'indelebile ferita nel cuore (metallico) del piccolo Gesualdo e gli ricorda ciò che gli aveva detto qualche anno fa: "Ricordi? I Gesualdi 'buoni' possono fare qualsiasi cosa, ma la bontà ce l'hanno nel sangue. Sta' al gioco, vai con gli sbirri e fa' felice tua madre, su!".

Improvvisamente Gesualdoberto va incontro ad un climax di emozioni: ha paura, in primis di non tornare più a casa e soprattutto di contraddire la madre, ha il pregiudizio di trovarsi a contatto con quei poliziotti che tanto lo hanno convinto essere guardiani e giudizi di ogni sua azione, movimento o emozione e quando si ritrova al bivio, non sapendo cosa fare, a 11 anni diventa prigioniero di guerra e risiede alla questura di Matusalemme per tre lunghi e inesorabili anni.

In questi anni, Gesualdoberto deperisce come persona: la sua psiche è irreversibilmente compromessa e corrotta dall'idea che quella giustizia che tanto i suoi genitori avevano criticato rappresentasse davvero la giustizia, che sua madre non fosse altro che una traditrice e che, quindi, verosimilmente, l'avesse gettato in gattabuia soltanto per lavarsene le mani (anzi, i guanti), dato che Gesualdoberto, in fondo, è pur sempre il figlio del capoclan.

Carriera

Servizio militare

A 14 anni, Gesualdoberto viene rilasciato dalla questura perché fa troppa pena ai poliziotti. Sono tanti i pareri che si districano dalle menti dei Gesualdi benpensanti: chi ha paura di lasciarlo andare per paura che rilasci la sua ira criminale, chi, invece, crede in una speranza di riportarlo alla legalità e alla civiltà.

Fatto sta che si opta per una via di mezzo, nonché la più codarda: lasciare Gesualdoberto in cella fino a farlo marcire con una tale veemenza da risucchiargli tutte le forze e voglia di commettere altri reati.

La soluzione sembra andare a buon fine, ma non nel modo previsto: quando Gesualdoberto viene liberato non ha neanche il tempo di vivere per conto proprio senza essere subito scortato da una mandria di energumeni barbuti viola che lo riportano direttamente da dove è venuto. Tornato alla dimora con una barba degna di un clochard, i genitori non fanno altro che guardarlo con astio.

Probabilmente captando che, crescendo, Gesualdoberto avesse ormai capito il loro sporco gioco, decidono quindi di porlo in secondo piano e di smettere di riservargli il trattamento da pseudo-principe.

Dal canto suo, Roberto decide di giocare una carta inaspettata: riservare quello stesso odio anche ai suoi genitori, con una serie di cambiamenti, manovre, discorsi e azioni vòlte ad eliminare qualsiasi sospetto soltanto per pugnalarli alle spalle e vendicarsi una volta e per tutte di ciò che ha dovuto sopportare per quasi 15 anni di vita.

La prima di queste tappe comprende entrare a far parte dell'esercito dei Gesualdi mafiosi: lo scopo è far pensare che la permanenza in galera abbia amplificato il patriottismo, che, in realtà, rappresenta soltanto un modo anche alquanto scarso di celare la sua affinità alla lotta alla libertà e alla giustizia.

I genitori, quindi, ricevono la notizia il giorno stesso del ritorno del figlio e si degnano soltanto di dire: "Ti è servita la galera. Il criminale buono esce dalla cella piccola."

Alquanto confuso, Gesualdoberto imbraccia per la prima volta le armi, quali clave di Pietra Rubens, secchi di acqua e blocchi di grandine da lanciare negli occhi dei Gesualdi.

Per cinque anni, Roberto si allena al fine di sviluppare una mira impeccabile, un'aggressività nell'urlo di guerra, una capacità di direzione e controllo delle truppe subordinate ed infine una barba fluente che compensi la calvizie.

Al quinto anno di allenamento, Gesualdoberto riceve la medaglia al merito dal padre, che lo elegge Generale Supremo dell'esercito dei Gesualdi Cattivi, un titolo che normalmente si addice al successore del capoclan, quand'egli è assente (cosa che, nel pratico, avviene sempre perché il capoclan ha qualcosa che si chiama fifa).

La cerimonia di premiazione di Roberto Ottaviano rappresenta un momento cruciale nella storia della secolare belligeranza fra Gesualdi Cattivi e Gesualdi "Buoni": dalle reminiscenze di quell'operazione militare scartata a favore dell'incarcerazione del figlio, il padre di Gesualdoberto decide, sfruttando la presenza di un degno alleato e di un numero crescente di soldati addestrati adeguatamente, di dichiarare ufficialmente guerra alla legge per poter finalmente ottenere il potere garantito dalla scienza.

La notte prima dello scontro i tre vertici del potere dei Gesualdi Cattivi vanno incontro a tre diverse visioni: il padre ha un sogno premonitore della sconfitta dei suoi, che il giorno dopo venderà come il classico segno divino della vittoria, la madre, invece, un sogno altrettanto incoraggiante dell'incarcerazione di tutta la sua stirpe, che semplicemente ignora per non finire in un pianto isterico potenzialmente eterno. Gesualdoberto invece ha un sogno molto diverso: la sua è la visione del momento in cui, vincendo la guerra, possa mandare i suoi genitori in gattabuia, lasciarseli alle spalle e liberare tutti i Gesualdi Cattivi dalla menzogna della criminalità.

Questa mania di protagonismo che investe il giovane Gesualdoberto rappresenta una fonte di adrenalina sul campo di battaglia: tentando a tutti i costi di riportare a casa una vittoria, si trova impreparato di fronte al plotone di poliziotti armati che si estende per tutta la città, intralciando inesorabilmente il suo assedio.

I Gesualdi Cattivi riescono a mandare al tappeto alcuni Poliziotti e sarà proprio Roberto Ottaviano a risultare il più impavido e arduo da battere.

Sfortunatamente, i genitori di Roberto si ritrovano alquanto impauriti della mole dell'esercito in difesa e per questo, temendo una controffensiva decidono di battere in ritirata, dettando la triste sorte di centinaia e centinaia di subalterni imprigionati al seguito del loro Generale, nuovamente al fresco (in cella c'è un poliziotto che sventola il guanto a mo' di ventilatore).

Roberto Ottaviano viene nuovamente rinchiuso in cella, stavolta completamente privo della misericordia e della fiducia di Matusalemme.

A salvare la sua incolumità sono le scelte dei suoi genitori, che, dall'altro lato del pianeta, decidono di continuare l'opera di scippo ai laboratori dei Gesualdi rapendo altri impiegati e reperendo altre informazioni top secret che sarebbero state restituite in cambio del riscatto di essere i nuovi capi.

Sentendo la notizia che desta certamente il sospetto delle autorità, Gesualdoberto decide allora di mentire, affermando che, periodicamente, alcuni suoi sicari stiano consegnando a lui le informazioni e per questo, promette ai suoi aguzzini che, in cambio della libertà, gli avrebbe consegnato il capoclan e restituito tutte le informazioni con la scusante di star ostacolando il normale circolo della sua economia segreta.

I poliziotti di Matusalemme, allettati all'idea di poter risolvere il problema in due petosecondi, decidono, come degli zoticoni, di dare ascolto al figlio del capotribù, che si precipita al castello di suo padre con un'altra frottola: dice infatti ai genitori che la stazione di polizia è stata da lui distrutta e, quindi, qualora avesse mobilitato le milizie, sarebbe riuscito a prendere la città in maniera integerrima.

Il capoclan Gesualdo Roberto Ottaviano Ⅳ ruba la medaglia del figlio, ci sputa sopra, si prende il merito della missione e parte all'avventura.

È proprio in quel momento che, avvertendo la madre che avrebbe temporaneamente lasciato la reggia per completare l'operazione militare e minacciandola di commettere le peggio cose contro di lei se non si fosse paralizzata sul centro di suo nonno buonanima, Gesualdoberto torna dai poliziotti prima dei suoi compatrioti in stato di stress post-traumatico (PTSD) e gli dice: "Prendete il Gesualdo capelluto a tutti i costi! Ignorate tutti gli altri, il loro capo è quello grosso, peloso, bavoso e balbuziente!".

Carriera

Cessazione della leva militare

Il padre di Gesualdoberto conduce la battaglia, ma non c'è nulla da fare.

I Gesualdi Poliziotti, ben addestrati dalle parole struggenti del figlio, accerchiano il capotribù, gli sparano un sasso nell'occhio con una cerbottana e, accecandolo irrimediabilmente, lo gettano a terra, facendolo accasciare in maniera talmente penosa da indurre la ritirata delle truppe nemiche, che vengono anch'esse bloccate dai militari di Matusalemme e condotte dietro le sbarre, dove sarebbero restati per il resto della loro vita (salvo evasioni).

Il padre di Gesualdoberto recita la frase iconica: "Tu quoque Robertus, fili mi!", Anche tu, Roberto, figlio mio! e viene sedato a calci, per poi essere lanciato in una cella d'isolamento dove sarebbe marcito per il resto dei suoi giorni, cieco e colto dal desiderio costante di imprecare alla faccia della sua razza infame.

Infine, Gesualdoberto con la fame di vendetta quasi soddisfatta, marcia con i Gesualdi Poliziotti presso la casa dove la madre è rimasta immobile per due ore e mezza: quando la trova, Gesualdoberto si libera finalmente del rancore che ha accumulato per 25 anni.

Quando la madre Olga gli chiede come sia andata la missione, Roberto risponde in maniera molto esplicativa: "Tuo marito, come tutti coloro che hanno contribuito a rendere la mia vita un inferno si trovano ora nel posto che gli spetta. Dopo 25 anni di vita bruciata finalmente avrò la mia vendetta su di te e su mio padre. Quei Gesualdi che voi mi avete tanto spinto ad odiare, i "Buoni", mi hanno insegnato cosa sia veramente la giustizia e se c'è un'ultima cosa che ti voglio dire prima di farti gettare in galera è che tu non sei mai stata una madre: per me sei solo un'essere spregevole!"

Incapace di farle del male fisico, Gesualdoberto gioca la sua stessa carta dell'assalto psicologico e, finita la sua sete di potere, guida i Gesualdi Poliziotti nella totale demolizione della dimora regale che gli era prima appartenuta, come simbolo di ripudio del crimine, e gettando via le medaglie accumulate nel corso degli anni nella gerarchia mafiosa, torna a Matusalemme con i Poliziotti giurando a sé stesso di servire per sempre la legge.

Carriera

Carriera da poliziotto

Gesualdoberto torna trionfante a Matusalemme e i Poliziotti gli conferiscono un premio in memoria della sua alleanza con la capitale tulipniana: la Cittadinanza d'Onore.

Forte del successo della sua vita, Gesualdoberto decide di abiurare parte del suo nome, riducendo sempre più il secondo nome, Ottaviano, ed il numero romano di discendenza per evitare qualunque riferimento al malaffare, cosa impossibile per l'anagrafe di Planet Tulipo, ma comunque accettata socialmente.

Gesualdo Roberto, soprannominato scherzosamente Berto (o Bertuccio per chi ha confidenza da vendere), diventa un vero e proprio padre di famiglia, se è vero che di lui tutti i concittadini invidiano l'amore per i piaceri della vita, la sincerità e il senso di appartenenza alla comunità.

A 30 anni, Roberto intraprende il test per arruolarsi come recluta delle forze di Polizia di Matusalemme sfruttando, nel suo curriculum, i premi planetari e l'abilità impeccabile nell'uso delle armi come forma di autodifesa.

Viene preso seduta stante e nei suoi 40 anni di carriera riesce a sgominare decine e decine di Gesualdi Cattivi cacciati forzosamente dalla capitale della criminalità dalla demolizione della reggia del capotribù (che era, tra l'altro, un abuso edilizio) e a re-incarcerare gli evasi dell'ultimo minuto che tentano, puntualmente, di assassinare Roberto, sebbene privi di qualunque conoscenza nelle arti marziali e/o armi – che a Matusalemme, ovviamente, mancano.

Nei primi 10 anni di carriera, Gesualdoberto è estremamente prolifico e, nel processo di far ritornare la legalità a Matusalemme, conosce tutti i Poliziotti della città, facendo amicizia, e acquisendo il soprannome con cui tutti ormai lo identificano.

Dopo essere stato soprannominato Gesualdoberto, improvvisamente la sua popolarità schizza in tutta la città: ora tutti i suoi ex-compatrioti Cattivi iniziano a chiamarlo così e sarà proprio quel nome ad essere sia la sua più grande benedizione che la sua più grande disgrazia: proprio per quel nome verrà ingiustamente e brutalmente umiliato da parte dei genitori che lo etichettano come ingrato e codardo, gli ripetono, ogni volta che torna in ufficio, che lui non è stato capace di portare avanti il nome di famiglia e che, tradendo i suoi genitori, ha condannato alla miseria un'intera popolazione, cercando di innescare in lui un senso di colpa che, per quanto mai acceso, ha sempre indotto in lui la sensazione di non avere poi la coscienza così pulita.

Incoraggiato, però, dall'esultanza della sua popolazione, Gesualdoberto raggiunge i settant'anni felicemente e, una volta pensionato, affigge al muro la medaglia che attesta il titolo di Maresciallo che gli è stata conferita in occasione del 21° Anniversario del suo servizio come simbolo della sua realizzazione ricordando come nessuno, prima di lui, avesse mai ottenuto un titolo simile.

Biografia

Carriera da ambasciatore

Dopo il pensionamento, la vita di Gesualdoberto trascorre molto tranquilla. Nella sua piccola dimora, Gesualdoberto spesso riceve visite da parte dei suoi ex-colleghi o da parte di alcuni cittadini e curiosi che vogliono sapere qualcosa sulla sua vita, sulla sua carriera o semplicemente ringraziarlo del servizio decennale da egli offerto.

Roberto, quindi, ammazza il tempo pressoché oziando e riuscendo finalmente ad appendere al chiodo il triste ricordo della famiglia senza la quale, a detta sua, campa benissimo per quanto la mancanza di qualsivoglia figura genitoriale lo abbia senz'altro turbato.

A rivoluzionare la sua vita, però, è un avvenimento fuori dal comune: l'arrivo degli astronauti dell'Impero Duraruzo.

I Gesualdi, alquanto stupefatti dalla presenza di esseri talmente diversi da loro (e dalla bella presenza della figlia dell'Imperatore SaMoo Duraruzu Ⅰ di Balocco, Antonella da Rivisondoli), accolgono gli astronauti a braccia aperte per quanto SaMoo sia troppo occupato a straziare le guanciotte dei Gesualdi e Mariolone a girare per ogni singolo angolo della città, facendo girare gli occhi dei Gesualdi miopi¹.

Gesualdoberto, coinvolto da alcuni giovincelli prestanti nel cercare di capire cosa diamine stia accadendo alla città, vede soltanto dei pazzi squinternati intenti a sciorinare cose incomprensibili e mostrare roba strana quali metalli e bandiere a mo' di ultras.

Ciò che è certo è che, quando riceve la notizia che costoro sono venuti da un altro pianeta, Roberto non esita a mostrare affinità e alleanza nei loro confronti, finendo in una vera e propria montagna russa di responsabilità che, nel giro di letteralmente 3 giorni, lo porta a presiedere a conferenze internazionali sul Pianeta Terra in presenza dell'Associazione Intergalattica Tulipano, della quale diventa ambasciatore di Planet Tulipo.

Il panico generale scombussola il povero (e vecchio) Gesualdo, che si impegna a adempiere al proprio dovere descrivendo nella maniera più oggettiva possibile tutte le opportunità che la convivenza Terra-Planet Tulipo possa offrire, allettando così alcuni suoi compatrioti che si offrono di diventare gesualdonauti: fra questi sono notevoli Nino Blu, noto fabbro di Matusalemme e Sara Esposito, proprietaria di una boutique locale, grazie a cui potrà consolidare il rapporto di amicizia con i massimi esponenti dell'AIT tra cui l'Imperatore dell'Impero Duraruzo nonché Presidente dell'Isola del Signor Balocco SaMoo Duraruzu Ⅰ di Balocco ed il Maresciallo Mariolone Bubbarello.

¹Sì, esistono, purtroppo, ndr.

Onorificenze

ONORIFICENZE AL MERITO

🎖Generale Supremo Esercito dei Gesualdi Cattivi "Per successione."

🎖 Medaglia al titolo di Recluta Forza di Polizia di Matusalemme

🎖 Medaglia al titolo di Tenente Forza di Polizia di Matusalemme

🎖 Medaglia al titolo di Maresciallo Forza di Polizia di Matusalemme

🎖 Cittadinanza d'Onore Matusalemme, Planet Tulipo "Per la liberazione della città dalla criminalità organizzata."

Curiosità

  • Quando Gesualdoberto è stato invitato come testimone alle nozze di Nino Blu e Sara Esposito si è messo a piangere così tanto che ha quasi finito l'ossigeno (anche se non gli serve nemmeno per respirare) si è accasciato su SaMoo e, commuovendosi come un coccodrillo nel letto di morte, ha pronunciato un numero imprescindibile di preghiere alla salute degli sposi e del bovino (siccome lui aveva dato la spinta a Nino e Sara di sposarsi).

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